Il non saper fare qualcosa, per chi ha voglia di fare, può diventare punto di partenza.
Ci sono frasi come questa che mi capita di appuntare perché nascono apparentemente dal nulla, ma sembrano avere un certo potenziale. Se ne stanno lì finché ad un certo punto non assumono un senso e appaiono come la sintesi accurata di un concetto.
La verità è che non cadono dal cielo. Per deduzione da ciò che accade ogni volta, direi che si tratta di una sintesi operata dalla mente che lavora in autonomia mentre noi siamo concentrati su altro. È come se noi ci occupassimo dei singoli eventi, e lei di sviluppare connessioni tra loro. Non è il modo più lineare e comodo di procedere, ma in genere funziona. Nonostante la continua incertezza di poter arrivare a un dunque, personalmente è l’unico modo che conosca per veder nascere un’idea.
Per questo citerò Hervé Tullet, la Blackout Poetry e Casey Neistat. Perché mentre mi occupavo ad essere ossessionata da loro, la mente lavorava di connessione e sintesi, restituendomi il concetto che ora trovo tanto interessante: è confortante sapere di poter fare qualcosa nei limiti delle proprie possibilità, piuttosto di non fare nulla perché quei limiti esistono.
Hervé Tullet è un artista, illustratore, e uno dei maggiori autori di libri per l’infanzia.
Mi ci sono imbattuta grazie alla mia amica Giulia, che in tempo di lockdown mi ha consigliato di seguire la sua serie “L’Expo Ideal” (la password per accedere ai contenuti è: Tobo Studio). In questo episodio in particolare, Tullet dice di aver sviluppato il suo particolare linguaggio perché non sa disegnare.
TULLET NON SA DISEGNARE + TULLET DISEGNA COMUNQUE = TULLET È UN ILLUSTRATORE.
La Blackout Poetry ha origini incerte e affascinanti (si parla di FBI, Borroughs, Isgrò e Austin Kleon, solo per citare alcuni dei motivi che l’hanno resa celebre), ma una delle cose che ai miei occhi la rende così interessante è il fatto di essere uno strumento democratico per la creazione di poesia – o altri contenuti verbali altrettanto sorprendenti. Non serve essere poeti, non serve avere un lessico ricercato, non serve aver studiato letteratura, e soprattutto non richiede di affrontare una pagina bianca. La Blackout Poetry si fa con un foglio di giornale, selezionando le parole che saltano all’occhio e lasciandole libere di unirsi in nuovi significati, cancellando tutto il resto. In pratica è la sintesi per eccellenza delle limitazioni che diventano strumento per creare.
LIMITI INTERNI (i nostri limiti, di conoscenza o inventiva) + LIMITI ESTERNI (l’imposizione dell’utilizzo di un foglio di giornale e un pennarello) = CREAZIONE DI POESIA.
Casey Neistat è uno YouTuber, forse LO YouTuber? È anche colui che con il suo video “Do what you can’t” esaspera il limite, rende ogni negazione una possibilità, dimostrando l’assoluta certezza che un’attitudine creativa permetterà sempre di trovare una soluzione.
NON POSSO/NON SO FARE QUALCOSA + VOGLIO FARLO COMUNQUE = COMINCIO DAL LIMITE.
Ecco perché mi pare che un limite, più che essere un ostacolo all’arrivo, possa diventare punto di partenza.