Quando il mio amico Fabrizio mi ha detto “dovresti farci una pagina Instagram”, ho risposto con una risata. Quando me l’ha ripetuto senza condizionale ci ho pensato, e nel tempo di salire le scale per tornare in ufficio ha preso il mio cellulare e ha aperto l’account. Grazie Fabri.
La storia però comincia in maggio, quando passeggiando per Parco Lambro in una pausa dal lockdown mi sono fermata a fotografare un ramo in un cestino. Non aveva alcun senso mettere un ramo in un cestino, in un parco. Ci sprechiamo in campagne per proteggere l’ambiente e mentre le lattine rotolano ai bordi delle strade, i rami finiscono ordinatamente in un sacchetto di plastica. L’ironia del gesto mi ha fatto sorridere. Qualcosa dell’immagine poi mi aveva colpita perché sembrava adatta alla cover di qualche album underground, o per una playlist di NTS. Ci ho pensato parecchio, a quella fotografia, nel frattempo in attesa nella galleria del mio telefono.
In agosto stavo girando per i Quartieri Spagnoli quando mi sono imbattuta in una sedia in mezzo a una scalinata. Circondata dalle piante, con il suo cuscino bianco a renderla più confortevole, sembrava lì per suscitare domande. Nel corso del tempo mi è tornata in mente come metafora, è diventata un post in bozze, l’ho rivestita di significati, mi ha fatta chiedere che faccia avrà avuto il suo proprietario, cosa guardava sulla strada sottostante, e chissà poi se si spostava, quando qualcuno doveva salire o scendere la gradinata.
È passato più di un mese quando mi sono venute in mente le parole “cose sbagliate al posto giusto”. Mi pare mi stessi lavando i denti, che in quanto a idee funziona quasi come lavare i piatti. Su quelle parole ho visualizzato la sedia vuota. Ho pensato: ecco la didascalia. E poco dopo: potrebbe essere una rubrica su Instagram. E alla fine, sembra anche il titolo di un articolo. E quindi cos’ho fatto? Niente. Ho aspettato. Perché probabilmente quella sera avevo voglia di guardarmi un film.
Qualche giorno fa stavamo andando a prenderci un caffè. Li avevo notati all’andata, quei due cuscini da letto lasciati sul bordo del marciapiede a qualche metro l’uno dall’altro. Bianchi, contro il grigio scuro. Morbidi sul cemento. Tornando indietro li abbiamo avvicinati. Due cuscini in un letto matrimoniale fatto d’asfalto e illuminati stranamente da una luce che sembrava del mattino. Ho detto “ho il titolo giusto per questa foto”.
Siamo arrivati fino al portone dell’agenzia, ci siamo girati e abbiamo visto questo scheletro di un mobile senza ante né scaffali posizionato tra il muro e una pianta dal tronco diagonale. Una cornice casuale per un’opera inconsapevole. Fabri mi ha detto: ma cosa sta succedendo oggi?! Ho ripetuto “ho il titolo giusto anche per questa foto: cose sbagliate al posto giusto”. E allora mi ha risposto “dovresti farci una pagina Instagram”.
Qualche minuto dopo l’idea mi è sembrata interessante. Una pagina avrebbe potuto diventare un contenitore condiviso, e io amo i progetti collettivi.
Nel momento in cui scrivo, nella pagina @cosesbagliatealpostogiusto sono presenti 4 fotografie e qualche Stories. Quegli scatti sono i primi puntini, uniti dopo mesi per l’input che mancava a farli diventare qualcosa. C’è altro da spiegare? Non credo. Perfino il mio art director ha commentato “finalmente un titolo chiaro”. (Non so ancora se fosse un paragone rispetto al resto delle cose che scrivo).
Dovrei concludere con una chiamata alle armi motivazionale per usare l’#cosesbagliatealpostogiusto e taggare la pagina nelle vostre fotografie. Siccome però sono terribile nel pensare alle call to action, questo è un invito gentile a condividere i vostri scatti, se vi va. A me i progetti collettivi sembra siano proprio una bella cosa.
xx
Veronica