26 Dicembre 2024
Siamo ciò di cui ci alimentiamo: input.

Siamo ciò di cui ci alimentiamo. E tendiamo a restituire ciò che interiorizziamo. Ecco perché la creatività ha bisogno di cospicue dosi di input di qualità.

Ed ecco perché a mio avviso esiste solo una regola per fare ciò che faccio dalla mattina alla sera – vale a dire scrivere. La regola è: leggere. Leggere per scrivere.

Se leggo bene, se qualcosa mi prende a pugni lo stomaco o mi fa ridere, metto inconsciamente in atto sempre lo stesso rito: mi fermo, rileggo, poi mi faccio prendere dalla smania di continuare a leggere quanto più possibile per riprovare quella stessa sensazione, capire perché l’ho provata, perché quella combinazione di parole ha messo in moto tutto quel sobbalzo emozionale. È un sistema che mi permette ad esempio di entrare nel cuore di una struttura, far mio un tono di voce, ampliare un vocabolario che spesso per pigrizia si limita a 7 verbi e 5 aggettivi.

Attraverso il filtro costante che siamo noi passa tutto ciò che ci capita di incrociare nelle pagine di un libro, tra gli articoli di un blog o i post di Instagram. Tratteniamo ciò che ci colpisce e poi lo riproponiamo, a modo nostro. Questo ci permette di restituire ogni volta qualcosa di diverso, e se la contaminazione è positiva, anche di migliore.

Me ne sono accorta al lavoro, ma soprattutto nella scrittura privata, che per definizione dovrebbe essere libera. Se sto leggendo qualcosa che mi coinvolge profondamente, comincio a pensare e a scrivere emulando ciò che ho letto. Di recente mi è capitato con L’isola di Arturo. Lo stile di scrittura è talmente prepotente da aver scombinato per un paio di settimane il mio modo di affrontare la Moleskine. L’input, senza nemmeno dovermi sforzare, è diventato output. Non credo di doverlo specificare, ma non sto dicendo di aver cominciato a scrivere come la Morante (che sogno, che sogno!), il punto è stato il cambiamento di qualche dettaglio, l’uso di un verbo al posto di un altro, un modo di scrivere diversamente dell’estate.

Ogni tanto mi è capitato che qualcuno mi chiedesse come scrivere. Come scrivere un messaggio impegnativo, una mail per una collaborazione, un post per promuovere la nuova attività di un amico, un biglietto di auguri. Cose così, relativamente semplici, volendo vedere, ma pur sempre esercizi di scrittura che in quel determinato momento significavano molto, per la persona impegnata a riempire qualche riga di parole. A quelle persone ho potuto dire solo ciò che faccio generalmente io: leggere, e così imparare a scrivere da quelli più bravi di me.

A seconda degli argomenti e del periodo, ho alcuni punti di riferimento da cui torno in modo più o meno continuativo per prendere spunto, rubare un costrutto, entrare in un certo stato d’animo, ritrovare freschezza, allargare gli orizzonti sulle possibili associazioni verbali.

Li lascio qui, in una lista in ordine rigorosamente sparso che nel suo essere personale forse ha poco d’interessante, ma che magari è utile nell’approccio alla ricerca.

  • Ispirazione per scrivere di poesia, malinconia, vita vissuta: i libri di Patti Smith, o per input quotidiani, il suo account Instagram: @thisispattismith.
  • Per scrivere in modo sintetico, preciso, convincente, e non perdere mai la voglia di scrivere di creatività: la trilogia di Austin Kleon.
  • L’arte di farsi una risata la ritrovo costantemente nella scrittura di @tegamini.
  • Per inventarmi dei naming non c’è libro da me tanto usato quanto il catalogo della mostra There is a planet per i cent’anni dalla nascita di Ettore Sottsass. Credo in generale funzioni bene spulciare tra i lavori dei designer, che di nomi se ne inventano sempre di fantastici per i loro prodotti.
  • Per farmi volare nelle associazioni più imprevedibili ci sono tutte le didascalie alle foto di @antoniomarras_personal.
  • Per giustificare basilari scelte di scrittura (l’oggetto nella mail si scrive così piuttosto che…) mi sono spesso affidata a Luisa Carrada, soprattutto prima di approcciarmi al lavoro di copywriter. (Il libro per me più interessante è stato: Lavoro, dunque scrivo!)
  • Per illudermi di poter imparare ma in realtà subire ogni volta la mia devastante incapacità di raccontare storie: qualunque libro di Zerocalcare.
  • Per non perdere l’entusiasmo e continuare caparbiamente ad andare nella propria direzione – verbale o meno: Zelda Was A Writer. Siccome la seguo in pratica dai suoi inizi nel lontano 2009, le devo moltissimo in termini di involontario incoraggiamento alla scrittura.

Qualunque spunto è benvenuto (qui c’è pure un comodo form per farmi pervenire i graditi input), la lista è sempre in aggiornamento e io non aspetto altro che inserire nuovi nomi. Per il resto, buona lettura e buona scrittura.

A presto,
Veronica.

1 thought on “Leggere per scrivere

  1. Veronica, mi sono molto rinvigorita nel leggere questo tuo articolo: io vivo
    le contaminazioni spesso “in apnea”, senza la
    lucidità e la destrezza per incoraggiare la con-fusione nel momento stesso in cui la percepisco.
    Favorisco la dispersione, non sempre, ma spesso.
    Come quando prendi o ricevi un oggetto bellissimo e gli trovi “un posto” anziché tenerlo in tasca o a portata di mano.

    Un abbraccio super!

    Ps: avevo salvato il tuo sito nei preferiti, ci farò un giro più spesso💝
    Alessandra

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